Giorgio Lotti: una vita dedicata al reportage

        Afip ha organizzato diversi incontri con certi tra i più importanti fotografi italiani. Ieri è stata la volta di Giorgio Lotti che qualcuno definisce “unico vero fotoreporter italiano”.

        L’Associazione Fotografi Italiani Professionisti ha organizzato insieme al CNA Professioni una serie di sei incontri che ha voluto chiamare Lectio Magistralis , ieri è stata la volta di Giorgio Lotti che ha tenuto il terzo di questa serie d’incontri. Invito tutti ad andare ai prossimi, si ha sempre da imparare dai grandi maestri.

        Giorgio Lotti è nato a Milano nel 1937, all’età di vent’anni ha iniziato a lavorare come freelance per diverse testate giornalistiche italiane. In seguito ha lavorato per più di trent’anni nel giornale Epoca e per Panorama.

        Ieri ho avuto il piacere di sentirlo parlare della sua vita e del suo percorso professionale, quello che più mi ha colpito è stato il tono di nostalgia con il quale ha tenuto il suo discorso.
        Una delle prime cose sulle quali si è voluto soffermare è il fatto che non sia possibile effettuare del buon fotogiornalismo se le testate pagano in media cinque euro a foto, è una cosa ovvia, meno si investe, meno si paga il lavoro dei fotografi più le fotografie saranno scadenti.

        Una delle cose più interessanti è stata ascoltare come lui lavori, come si muova sul campo. Lotti spiega che un vero fotoreporter deve essere un fantasma, non deve esistere, non deve influenzare gli eventi, è semplicemente uno spettatore privilegiato.
        Lotti mi ha ricordato uno dei miei fotoreporter preferiti James Nachtwey, vedendo il film War Photographer si capisce bene come lui si muova sul campo, entrambi questi fotografi sono silenziosi, cercano di attirare il meno possibile l’attenzione e documentare la realtà. Visti i risultati penso che sia sicuramente il comportamento a cui ogni reporter debba puntare, l’invisibilità.

        Giorgio è molto critico riguardo il giornalismo odierno. Raccontando qualche aneddoto vissuto in prima persona ha sottolineato come al giorno d’oggi tra colleghi non ci si aiuti a vicenda, pur lavorando per la stessa testata giornalistica. In passato era diverso, si creavano dei legami, giornalisti con i quali fare coppia per fare servizi efficaci e professionali. Se qualcuno era ammalato si faceva il possibile per aiutarlo, lo stesso Lotti era andato a 150km di distanza per intervistare un personaggio, lui era un fotografo, mica un giornalista, ma il suo partner stava male, così lo ha aiutato. Qualche mese dopo lo stesso giornalista portò lo zaino di 40kg di Lotti durante un lavoro sul Monte Bianco durante il quale lui era ammalato.

        Ora invece Giorgio si è sentito insultare quando per aiutare una collega le ha passato un numero di telefono presente sulla propria rubrica personale.
        Insomma, i tempi sono cambiati, una volta ci si aiutava e questo a Lotti manca molto.

        Secondo lui un fotoreporter è come un pilota d’aerei, impara a comportarsi in maniera veloce e precisa, bisogna capire quando agire, ogni attimo perso non si ripeterà.

        La cosa importante quando si fotografa non è tanto fare belle fotografie ma è informarsi, soprattutto nel fotogiornalismo la differenza tra una bella foto e una foto utile è il background che si ha. Non si possono andare a fotografare personaggi celebri senza sapere chi siano.

        Per esempio: secondo la mentalità occidentale qual è il colore legato alla nobiltà?
        Il rosso? Il giallo? Potrebbe essere, ma in Oriente? Anche li questi colori hanno lo stesso significato? No. Lì il colore che simboleggia il potere è il nero.

        Questo Lotti lo sapeva quando ha fotografato Zhou Enlai e quel ritratto piacque così tanto al capo del governo da farlo diventare il suo ritratto ufficiale. Preparandosi imparò anche che quando un uomo di potere guarda alla sua sinistra simboleggia lo sguardo verso il futuro. Se non si fosse informato probabilmente non sarebbe mai riuscito a fare una foto di tale successo.ZhouEnLai

        Dobbiamo imparare a investire più tempo nella preparazione piuttosto che nello scatto,che si tratti di un progetto o di un lavoro per una testata giornalistica. Ormai le foto fatte bene le fanno tutti.

        Lotti dice Siamo pieni di orribili belle fotografie.

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