Sentendoli parlare mi ha colpito molto quanto siano state diverse le loro vite ed il loro percorso al successo; proprio per questo strutturerò quest’articolo come fosse un’intervista doppia, stile Iene.
– Giovanni Gastel
– Toni Thorimbert
– Nato a Milano nel 1955
– Nato a Losanna nel 1957
– A dodici anni si avvicina al mondo dell’arte entrando a far parte di una compagnia teatrale nella quale recita per cinque anni. Qualche anno dopo scopre il mondo della fotografia, incomincia a fare qualche matrimonio, ritratto, still life e qualche foto di moda per bambini.
Pubblica i suoi primi still life per la rivista Annabella, passando poi a Vogue Italia, Mondo Uomo e soprattutto Donna.
– Si definisce proveniente dalla periferia dell’impero a differenza dell’aristocratico Gastel. Nasce in Svizzera ma da giovanissimo si trasferisce con la famiglia a Pioltello, nella periferia di Milano, dove è cresciuto e ha passato l’infanzia. Era un abile disegnatore ma suo padre, designer, lo manda a studiare le materie umanistiche. Una volta capito che quella non era la sua strada incomincia a frequentare quello che poi sarebbe diventato l’istituto Bauer, una scuola di fotografia di Milano.
– Non ha mai frequentato nessuna scuola di fotografia, ama la letteratura e nel tempo libero scrive poesie, ha anche pubblicato qualche libro a riguardo. Pur essendo uno dei migliori fotografi italiani dice che a volte trova più facile esprimersi con la penna piuttosto che con la macchina fotografica.
Ha un’approfondita cultura artistica, la sua fotografia ha una forte influenza rinascimentale.
– Abile disegnatore ma finisce per frequentare un istituto a carattere umanistico, studia poi a quella che sarà la Bauer a Milano. Ritiene che la scuola di fotografia gli sia servita molto, grazie alla professoressa Giovanna Calvenzi ha avuto modo di studiare la storia della fotografia in maniera approfondita.
– E’ lo stesso Gastel a dire che i suoi lavori di quando era agli inizi erano piuttosto imbarazzanti, lo stesso gli disse il direttore di un famoso giornale di moda che però lo trovò brillante come idee e gli diede la possibilità di entrare nel mondo del fashion. La fotografia è un mestiere e come tale va imparato esercitandosi, quello che contano sono le idee e quelle erano già sicuramente ottime.
Gastel fin da subito è riuscito a trovare quale fosse il proprio stile, una sua foto di un qualsiasi oggetto era ed è subito riconducibile a lui.
– Giovanna Calvenzi, ex insegnante di Thorimbert dice che Toni era sempre stato un ragazzo brillante, fin troppo, era così camaleontico che riusciva senza troppi problemi a emulare lo stile di grandi fotografi. Questa grande capacità di adattarsi è stata sicuramente molto utile quando Thorimbert si ritrovava a ritrarre personaggi famosi in situazioni complicate, ma dall’atro punto di vista ha dovuto fare più fatica per riuscire a trovare quale fosse il suo stile personale.
– Giovanni Gastel spiega che si è creato un suo mondo parallelo, magico, dove è lui a dettare le regole. Se vede qualcosa d’interessante per strada non gli viene neanche in mente di fotografarla ma corre nel suo studio e ricrea quella situazione a modo suo. Crea la sua realtà con diversi riferimenti all’arte classica, è ossessionato dall’eleganza e la trova tremendamente erotica.
– Toni Thorimbert ricrea la realtà, ma non quella presente, quella passata. E’ incredibile vedere come alcune delle sue foto più famose non siano altro che la reinterpretazione della sua storia. Riprende piccole situazioni, piccoli gesti, i dettagli; se a sedici anni ha fotografato dei bambini che fumavano accade che più di vent’anni dopo fotografa un modello che in maniera tanto sottile quanto visibile fuma con lo stesso sguardo e lo stesso gesto di quei bambini di periferia. Non inventa un mondo parallelo, reinterpreta la realtà.
– Inizialmente si fa notare per i suoi still life creativi ed ironici, si butta poi nella moda. Solo negli ultimi tempi si dedica anche alla ritrattistica.
– Le sue prime foto sono di reportage, raccontava la storia dei suoi coetanei nel suo paese. Diventa poi un ritrattista affermato, solo dopo passa al fashion.
Quest’incontro mi ha fatto aprire gli occhi, proprio quello che mi serviva in un periodo dove la moda della fotografia la fa da padrona.
Troppo spesso chi vuole diventare un fotografo si fa mille problemi su quale sia la macchina fotografica da comprare, gli obiettivi, il computer, le luci, cazzi e mazzi.
Certamente, bisogna saper padroneggiare qualsiasi strumento sia utile al lavoro di fotografo, ma non bisogna diventarne dipendente. Questi due maestri sono nati nell’era dell’analogico ma sono dell’idea che il digitale sia il futuro, Gastel dice che la fotografia è appena nata e che quella che facevano era fotografia archeologica, a differenza di molti suoi colleghi che sostengono la morte della fotografia grazie al digitale. La fotografia è un mezzo, la macchina fotografica deve essere un prolungamento del proprio corpo ma non bisogna diventarne schiavi, quello che contano sono le idee, quello che si vuole raccontare, quello che si vuole comunicare.
Fare una fotografia fatta bene è semplice, basta aver letto un qualsiasi manuale di fotografia, essersi allenati un po’ ed il gioco è fatto, ma fare una bella foto è tutt’altra storia.
Quello che mi ha fatto aprire gli occhi è stato ascoltare come questi due maestri ragionano, capire come siano arrivati a fare certe foto, quale sia il pensiero che c’è dietro.
Molte foto di Toni Thorimbert sono un finto reportage, un reinterpretare la realtà ma mantenendo quell’alone di verità che le rende uniche, si potrebbe quasi dire che servano a descrivere la società nella quale viviamo pur essendo bugie, immagini ricreate ad hoc.
Giovanni Gastel invece sfrutta la realtà per descrivere il suo mondo personale e non quello nel quale viviamo nel quale regna il caos, la mancanza di ideali e di leader.
Dobbiamo tutti imparare a smetterla di inventarci cose strane per fare i fighi, dobbiamo imparare a osservare di più la realtà per sfruttarla a nostro piacere, ormai tutto è stato fatto ma ognuno vede il mondo a modo suo, non rimane che imparare a far vedere agli altri il nostro punto di vista.
Capire chi siamo e come vediamo le cose, è una cosa difficile, ma è questa la soluzione.